giovedì, settembre 07, 2006

Il fondamento dei fondamentalisti


Sbancor mi ha sempre convinto, ho sempre ritenuto la sua voce meritoria di essere ascoltata, i suoi messaggi registrati per essere rielaborati ad ogni nuovo evento o giorno. Questo suo post - tratto da Information Guerrilla - si interroga sui media e il loro linguaggio rispetto alle questioni legate a religioni, culture, etnie. Inoltre questo articolo richiama un intervento di Wu Ming 1 su antisemitismo e sionismo, antirazzismo e razzismo che la settimana scorsa volevo postare qui sul blog ma che poi ho lasciato si disperdesse nel flusso dell'infosfera.
Inizia, tra l'altro, con una bella citazione di Etienne Balibar: la distruzione del complesso razzista non presuppone solo la rivolta delle sue vittime, ma la trasformazione dei razzisti stessi e di conseguenza la decomposizione interna della comunità istituita dal razzismo.
La riflessione di Sbancor qui sotto riprende alcuni punti di quel discorso, un discorso che originalmente venne sviluppato nel lontano 1992 da Wu Ming 1 che ancora si firma con le iniziali R.B. e che come dice Sbancor "è un vino giovane, ma di cui già si intuisce il corpo, la forza e gli impeccabili retrogusti che acquisirà con il passare del tempo". Se avete tempo date un'occhiata dunque anche all'articolo
RAZZISMO, ANTISEMITISMO, SIONISMO. Prendetelo e leggetelo come un antipasto, prima del qui sotto IL FONDAMENTO DEI FONDAMENTALISMI...
Ah, e se a qualcuno non bastasse e non fosse sazio delle riflessioni sbancoriane qui trovate un articolo [prima parte e seconda parte] sul Medio Oriente e la guerra in corso dal titolo I TRE FRONTI...

di Sbancor - 4 settembre 2006

Dei tanti linguaggi possibili, il linguaggio giornalistico è, fra tutti, il più volgare. Riduce, banalizza distorce. L’esercizio sistematico della menzogna è la sua caratteristica specifica. Da Emile Zola a Friederich Nietzsche a Karl Kraus, solo per citare alcuni scrittori, l’esecrazione verso l’inchiostro e sopratutto la carta e gli alberi sprecati nell’esercizio della professione giornalistica è unanime e condivisa. Ma quando si parla di religioni, culture, etnie, si raggiungono livelli inarrivabili di stoltezza. Il peggio che la “professione” può dare.
Avevo cominciato a ritagliare e collezionare i pezzi che mi sembravano più meritevoli di essere indicati al pubblico ludibrio. Alla seconda lettura non c’è l’ho fatta. Ho preso Panebianco, Magdi Allam, Rampoldi, Scalfari, e gli altri innominabili e li ho destinati al bidone della raccolta differenziata, indeciso se andassero in quello della “carta” o in quello dei “rifiuti tossici”. Un titolo mi è rimasto purtroppo impresso nella memoria “Romano Prodi: l’Italia è tornata tra i Grandi!”.
C’è tutta l’Italietta fascista, “Donna di Provincia e di Bordello”, se mi è lecito correggere Dante, tutto ciò che mi spinge da tempo a non considerarmi “italiano”.

I Grandi sono quelli che giocano alla guerra. I Grandi sono quelli che decidono il destino dei piccoli. I Grandi sono quelli che hanno incendiato tutto il Medioriente e che se continueranno così scateneranno l’ultima, e definitiva, Guerra Mondiale.
Vedere D’Alema nei panni di Ministro degli Esteri è già troppo forte per il mio povero stomaco. Ma vedere Prodi in quelli di Cavour nella guerra di Crimea è veramente troppo!
Ma i giornalisti altro non sono che lo specchio di una “politica” altrettanto deforme. Nulla ci è risparmiato: pacifisti che sfilano (ad Assisi!) a favore “dell’invio dei soldati in Libano”. D’Alema – impagabile – che dice, a proposito del Libano, che lo Stato deve avere “il monopolio dell’uso della forza”, frase che non avrebbe sfigurato in bocca a un capo del servizio d’ordine del Movimento Studentesco della Statale. Mastella che vuole il permesso di sparare. A chi? E infine Bertinotti e il suo partito - che si era dichiarato addirittura contro qualsiasi forma di “violenza di piazza” e difensore accanito della sacralità è inviolabilità delle vetrine dei negozi milanesi – il quale vota a favore di tre, dico tre, missioni militari! Non è che alla sinistra “estrema”, in quella sinistra a volte dura, ma se non altro sincera e pulita, che si era battuta, da Genova in poi contro la guerra, le cose vadano meglio.
Leggo con orrore sui siti “di movimento” delle vere ovazioni per bande armate che si richiamano a principi e a governi noti per praticare l’omicidio, la pena di morte, la tortura, la discriminazione sessuale, e altre aberrazioni. A teocrazie ladre e assassine che ben figurano al cospetto della Santa Inquisizione e del Potere Temporale dei Papi. Per non parlare dei “supporters” della resistenza irachena, che oggi nessuno sa cosa sia, fra milizie bathiste, sciti, sunniti e “qaedisti”- qualsiasi cosa questo nome voglia dire – milizie che hanno scelto la guerra etnico-religiosa come forma di convivenza. Ogni tanto ammazzano anche qualche americano. Più raramente degli inglesi, italiani e membri di altre forze della coalizione.
E’ vero, anche Kropotkin e Malatesta litigarono sulla Grande Guerra. Il Russo credeva che l’abbattimento delle autocrazie degli Imperi Centrali giovasse alla Causa. Errico Malatesta diceva essere i proletari fratelli fra di loro, la guerra strumento dei potenti e l’unica guerra ammissibile quella di classe. Aveva ragione il vecchio anarchico italiano. Ma erano tempi assai remoti. Capisco che la mia epoca sta finendo. Lo capisco dal fatto di non sapere più dove stare e con chi. La solitudine del pensiero è la prima forma del rincoglionimento senile. O della saggezza. Dipende dai punti di vista.
Poi leggo il pezzo di Wu Ming 1 sul “Sionismo” apparso in Carmilla on line e l’animo torna a rasserenarsi. Un Wu Ming del 1992 è un vino giovane, ma di cui già si intuisce il corpo, la forza e gli impeccabili retrogusti che acquisirà con il passare del tempo. E il testo mi spinge ad approfondire l’argomento che sta rischiando di rovinare definitivamente la mia prossima vecchiaia: la rinascita aggressiva delle religioni come deriva identitaria, negazione della differenza, razzismo, violenza. Recupero dal cestino un articolo. E’ un editoriale del “Corriere della Sera” del 12 agosto di Gianni Riotta. “La prima guerra globale continuerà per molti anni, con fasi lunghe di combattimento e tregua. Non è guerra tra Occidente e Islam, è guerra dichiarata dalla fazione fondamentalista islamica contro le democrazie e contro ogni comunità musulmana che non condivida il puritanesimo settario Wahabi.(…) L’offensiva islamista è impegnata dunque su due campi, contro l’Occidente, da Beirut 1983, a New York 2001, Madrid 2004, Londra 2005 e ora Haifa 2006, alla fitna, la guerra civile tra musulmani.” Vedo Riotta confondersi e non so se lo fa per insipienza, ignoranza o cospiquo fuoribusta passato da oscuri poteri, come già accaduto al suo collega Farina. Sospetto più banalmente abbia preso lezioni di islamismo da Magdi Allam. [...]

...troppo lungo, continua qui.

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