giovedì, settembre 14, 2006

Lombardia: dove la vera Unione si chiama inciucio.


Poiché ritengo da tempo che vada abbandonata la dietrologia, credo di dovermi attenere alla semplice cronologia. Negli ultimi due mesi, in Regione Lombardia sono avvenuti quattro fatti fondamentali.

E’ stato approvato un documento di indirizzo politico per richiedere l’autonomia della Regione, promosso da Formigoni e votato da Ds e Margherita; è stata approvata la nuova legge regionale di riforma dei servizi pubblici locali, che anticipa le intenzioni liberiste del DDL Lanzilotta di messa in gara obbligatoria dei servizi pubblici, con l’astensione dell’opposizione di centro-sinistra; è stata “sdoganata”, prima da Veltroni nel dialogo fra grandi città, poi da Prodi in persona nel rapporto Governo- città metropolitana, la neo-Sindaca Moratti, ora divenuta amministratrice di un centro-destra costruttivo e dialogante. Infine, notizia recente, i Sindaci di Milano (Moratti, centro-destra) e di Brescia (Corsini, centro-sinistra) hanno annunciato l’avvio del percorso di fusione delle rispettive utilities quotate in Borsa con capitale misto pubblico-privato, AEM e ASM, in modo da realizzare entro un anno un’unica società con un fatturato quattro volte superiore all’emiliana Hera, alla genovese-torinese Iride, alla romana Acea. Con il corollario, tutto milanese, dell’inserimento nell’aggregazione futura -con l’incredibile motivazione di aumentare il peso societario della parte pubblica- di Amsa (rifiuti) e di MM (servizio idrico).

Che sta succedendo in Lombardia? O, meglio cosa sta arrivando a compimento dopo quindici anni di strategie di finanziarizzazione dell’economia, di declino e frammentazione del tessuto produttivo, di degrado culturale e dispersione delle relazioni sociali?

Sta avvenendo una ricomposizione dei poteri forti -un’anticipazione del futuro nazionale?- in cui le componenti forti della sinistra moderata - Ds in primis- avendo da sempre abbandonato ogni progetto di costruzione di un blocco sociale alternativo a quello del centro-destra, fino a rinunciare in partenza e ripetutamente a tentare di vincere ogni competizione elettorale, hanno da tempo costruito un pragmatico accordo sulla base di una accurata spartizione di poteri e di interessi, che vede ormai un connubio indissolubile tra centro-destra e centro-sinistra, a livello politico, a livello imprenditoriale (LegaCoop e Compagnia delle Opere), a livello finanziario (la grande partita delle multiutilities).

Ha senso che questo quadro non sia messo in discussione in alcun modo dalle forze politiche della sinistra radicale? Ha senso continuare a parlare di Unione, senza vedere qual è la posta in gioco dentro questa Regione, dentro l’area metropolitana milanese, dentro i distretti produttivi, dentro la riorganizzazione delle infrastrutture, dei trasporti e della mobilità? E non è ora che le variegatissime ma spesso autistiche isole di conflittualità sociale, le reti e aggregazioni di movimento esistenti provino a fare un decisivo salto di qualità, affrontando la situazione al livello adeguato, provando a comporre intelligenza di analisi con capacità di nuova mobilitazione sociale e culturale?

La politica di riduzione del danno, di fronte a questo quadro, prepara solo un maggior danno successivo.

Ne vogliamo parlare?

Marco Bersani (Attac Italia)

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