venerdì, novembre 17, 2006

Nanoparticelle e patologie connesse # Parte prima

Le nanoparticelle sono appunto particelle dalle dimensioni piccolissime, da qualche centesimo di millimetro fino a qualche milionesimo di millimetro. La definizione che ne viene data su Wikypedia dice: "Con il termine nanoparticella si identificano normalmente delle particelle formate da aggregati atomici o molecolari con un diametro diametro compreso fra 2 e 100 nanométri (nm)" [un nanométro = un milionesimo di millimitro].

Per dare una percezione delle dimensioni in ballo basti dire che la doppia elica che compone il DNA ha un diametro di 2 nm.
Ma perché sono importanti le nanoparticelle? Su che terreno ci portano? Innanzittutto va detto che l'utilizzo delle nanoparticelle sta alla base delle nanotecnologie, ossia il settore di ricerca che si propone di realizzare attraverso la manipolazione meccanica di queste nanoparticelle aggregati molecolari o atomici con particolari proprietà chimico-fisiche, fra l'altro prospettandone un futuro profittevole per i possibili utilizzi su scala industriale. Ma più importante per il discorso che qui si propone è un'altra faccia delle nanoparticelle, ossia quella corrispondente a quanto evoca l'utilizzo del termine per indicare particolato ultrafine: una delle cause primarie dell'inquinamento atmosferico. Infatti, il particolato è l'insieme delle sostanze sospese in aria (fibre, particelle carboniose, metalli, silice, inquinanti liquidi o solidi) la cui presenza dipende sì da fattori naturali, ma per la stragrande quantità derivano oggi dall'attività umana.

Nei centri urbani siamo oramai abituati a sentir parlare di allarme polveri sottili, in particolare si sente parlare di PM10, anche se probabilmente ai più non è ben chiaro di che si tratta.
Le PM10 sono particolato formato da particelle inferiori a 10 μm (un millesimo di millimetro), ed hanno la caratteristica - viste le sue dimensioni - di essere una polvere inalabile, ovvero in grado di penetrare nel tratto respiratorio superiore (naso e laringe). Le PM10 sono dunque pericolose per la salute dell'uomo perché possono penetrare nel nostro organismo, causando di conseguenza patologie dell'apparato respiratorio.

Ma
cosa succede quando ad essere inalate non sono le PM10 - che in relazione alle dimensioni del particolato sospeso sono tutto sommato particelle "grandi" - ma polveri ancora più sottili?

Come abbiamo visto le nanoparticelle da cui siamo partiti hanno dimensioni molto ridotte rispetto alle PM10, così che corrispondentemente queste particelle anziché fermarsi nel nostro naso arrivano direttamente nei nostri polmoni, fino ai casi più estremi in cui queste particelle possono arrivare negli alveoli, la parte più profonda dei polmoni: di conseguenza, come si può immaginare, questo comporta la presenza di diverse - e più gravi - patologie per l'uomo, ossia le nanopatologie.
La ricerca scientifica sugli effetti delle nanoparticelle e sulle patologie correlate in Italia è legata in particolare alla nanodiagnostics di Modena, un laboratorio di ricerca in cui si è impegnati dall'inizio degli anni '90 su queste tematiche, che ha pubblicato un interessantissimo e consigliato articolo sulla rivista Ambiente Risorse Salute - che potete trovare qui - dal titolo Nanopatogie: cause ambientali e possibilità d'indagine.
In questo articolo si definiscono le nanopatologie come "le malattie provocate da micro- e, soprattutto, nanoparticelle inorganiche che riescono a penetrare nell’organismo, umano o animale
che sia, sortendo effetti i cui meccanismi in gran parte ancora da indagare e indipendenti dall’origine delle particelle", ovviamente "restando in sospensione, è inevitabile che le polveri siano inalate insieme con l’aria e, cadendo al suolo, è altrettanto inevitabile che queste finiscano su frutta, verdura e foraggio, entrando così nella catena alimentare di uomini e animali".
Siamo dunque tutti esposti e tutti a rischio.

Ma come interagiscono queste polveri con il nostro organismo, quali patologie provocano?

"È di recente che, nello stesso ambito medico, si comincia a rendersi conto che le polveri possono essere responsabili di ben altro e che l’incremento vertiginoso della loro concentrazione in atmosfera va di pari passo con l’incremento di affezioni, per esempio, di natura cardiovascolare, e che cominciano anche ad essere fortemente sospette malattie tumorali, malattie neurologiche, malattie della sfera sessuale e malformazioni fetali.
Anche il vistoso aumento delle patologie allergiche, specie a livello pediatrico, o di sensibilizzazione potrebbe essere correlato a fenomeni d’inquinamento ambientale o a prodotti d’uso comune quale, ad esempio, il cemento cui vengono sempre più spesso addizionate le
ceneri che residuano da processi di combustione di rifiuti".


Nel maggio del 2006 comunque anche i medici di famiglia, attraverso il bollettino della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (consultabile qui, dal blog di Beppe Grillo), ammettono la loro preoccupazione rispetto agli effetti delle nanoparticelle e scrivono: "Le forme patologiche più comuni sono le neoplasie, ma ci sono anche malformazioni fetali, malattie infiammatorie allergiche e perfino neurologiche".

E' dunque oramai fuor di dubbio la nocività di queste polveri fini per la salute, ora si tratta di comunicarne e denunciarne i pericoli e quindi agire per diminuire la loro presenza nell'aria.

Ma come è possibile intervenire e ridurre le concentrazioni? Bisogna innanzitutto individuare quali attività umane contribuiscono maggiormente alla produzione di nanoparticelle, preoccupandoci in particolare della produzione delle polveri più fini e sollecitando l'attenzione degli enti locali per queste, più che per le famose PM10. Infatti sono proprio queste "le polveri realmente patogene, con una patogenicità che cresce in modo quasi esponenziale con il diminuire del diametro. E per avere un’idea degli effetti sulla salute di queste poveri occorre che le particelle siano non pesate ma classificate per dimensione e contate".

L'articolo citato precedentemente ci aiuta a individuare le attività più pericolose, una lista non certo incoraggiante ma che è importante fare circolare: "oggi, la maggior parte dell’inquinamento
ambientale ed alimentare da polveri si deve ai motori a scoppio, alle fonderie, ai cementifici,
agli inceneritori, spesso chiamati abusivamente termovalorizzatori, alle esplosioni in genere, e giù fino ad operazioni apparentemente più innocue come quelle di saldatura".


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