martedì, ottobre 02, 2007

Oltre la miseria del presente in nome della ricchezza del possibile

Mi unisco al cordoglio per André e Dorine Gorz, morti suicidi alla fine di settembre. Gorz l'ho conosciuto come autore attraverso le pagine di Metamorfosi del lavoro, un libro che fece molto discutere e sulle cui tesi l'autore tornerà più e più volte nelle opere successive a radrizzarne il tiro. A volte questo suo ritornare sui temi forti delle sue opere lasciava interdetti, un pò spaesati dalla apparente disinvoltura con cui Gorz riscriveva il suo lavoro. Ma in realtà era una sensazione solo passeggera per me, che veniva presto sostituita dalla curiosità per le analisi di Gorz. L'articolo che segue di Benedetto Vecchi è uscito su il manifesto il giorno successivo al decesso.


La laurea in ingegneria chimica ha fornito quella competenze tecnico e scientifiche che sono tornate utili a André Gorz quando scriveva di automazione del lavoro, crisi ecologica, tecnologie digitali, i temi cioè che hanno caratterizzato la sua produzione intellettuale di questi ultimi trent'anni. Nei libri facevano capolino tra una pagina e l'altra e fornivano sempre una solida base argomentativa alle sue analisi quando sosteneva, ad esempio, che la riduzione del lavoro a 35 ore era solo il primo passo, perché la produttività individuale e collettiva era così cresciuta che occorrevano ormai solo 20 ore a settimana per produrre gli stessi beni. A patto, però, che il lavoro fosse ridistribuito.

«Les temps modernes»

La sua battaglia a favore della riduzione dell'orario di lavoro lo aveva condotto, sul crinale tra gli anni Ottanta e Novanta, a un vivace e fecondo rapporto con il sindacato francese della Cfdt e con quelli metalmeccanici tedeschi e italiani. Vivace, perché invitava le organizzazioni sindacali a prendere atto che la fabbrica stava cambiando con la sostituzione degli uomini e delle donne con le macchine. Fecondo, perché André Gorz si poneva sempre in ascolto delle argomentazioni di chi la fabbrica la subiva. Un intellettuale militante, questo è stato André Gorz. Nato nel 1923 a Vienna conseguirà, nel 1945, la laurea in ingegneria chimica a Losanna, in Svizzera, dove la sua famiglia si era rifugiata dopo l'Anschluss dell'Austria alla Germania. Con l'Austria e la Germania André Gorz ha avuto sempre un rapporto travagliato, al punto di cambiare nome (il nome di battesimo era Gerard Horst) e decidere di non recarsi in Germania a causa della politica di sterminio del regime nazista, fino a quando, alla fine degli anni Ottanta, sarà invitato dal sindacato metalmeccanico tedesco per un ciclo di conferenze su come stava cambiando il lavoro e la proposta di una sua riduzione. Scrisse, anche, che cambiare il nome era un atto pubblico di denuncia politica di quella denazificazione della Germania e dell'Austria che non avevamo fatto i conti con il recente passato E in Francia, il paese dove si era trasferito dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, prese dunque il nome di Michel Bousquet, che poi abbandonerà per quel André Gorz che sarà la firma dei suoi primi scritti, fino a diventare una firma nota della rivista «Les temps modernes», dove lavorerà con Jean-Paul Sartre.
Sono gli anni in cui, assieme a tanti altri, pone le basi di un rinnovamento del marxismo, imboccando la via dell'analisi, piena di insidie, del neocapitalismo che lo conduce, assieme a altri, a fondare «Le Nouvel Observateur». Per chi scrive, l'incontro con André
Gorz avviene al crepuscolo degli anni Ottanta con la pubblicazione di Addio al proletariato (Edizioni lavoro). Gorz è convinto che l'automazione del lavoro industriale (manufatturiero per Marx) porterà a una diminuzione radicale dell'occupazione industriale, ma tale esito è una chance che va colta dalla sinistra marxista eterodossa: l'automazione non va contrastata, bensì accelerata, accompagnandola con una riduzione radicale dell'orario di lavoro: «Lavorare meno, lavorare tutti» è l'orizzonte politico che Gorz in cui si pone e al quale rimarrà sempre fedele.

Il rovello dell'ecologia

C'è poi l'ecologia, tema che viene affrontato alla luce dell'auspicabile incontro tra il movimento operaio e l'ambientalismo - Ecologia e politica, La strada del Paradiso (Edizioni Lavoro) Capitalismo, socialismo, ecologia (manifestolibri) -. Il suo tentativo di coniugare marxismo e ambientalismo sarà infatti l'altro rovello su cui si concentrerà la sua produzione per tutti gli anni Novanta.
Gorz guarda con interesse a quel filone di ricerca antiutilitarista che ha il suo centro in Francia. Da qui il testo La strada del paradiso (edizioni lavoro). I lavori più fecondi di questo decennio sono tuttavia La miseria del presente, la ricchezza del possibile (manifestolibri) e Metamorfosi del lavoro (Bollati Boringhieri), una critica alle culture politiche della sinistra a partire da quella controrivoluzione che talvolta è stata chiamata postfordismo. Quasi in sordina, alcuni anni fa Andrè Gorz mandò alle stampe un altro libro - L'immateriale, Bollati Boringhieri - in cui il mostro da guardare in faccia e combattere era la vulgata neoliberista della tecnologie digitale. Anche lì pagine che meriterebbero di essere lette e discusse a fondo. Gorz è per il reddito di cittadinanza, ma invita a guardarsi le spalle da un nemico insidioso, cioò che sia un proposta che più che ricomporre il lavoro eterodiretto (nozione che preferiva a quella di lavoro dipendente o lavoro salariato) poteva ulteriormente frammentarlo. Poi il silenzio, anche se le voci di un suo nuovo lavoro rimbalzavano da un sito Internet e l'altro. Il duro mestiere di vivere deve essere però diventato insopportabile. Mancherà quel suo argomentare dove la ricchezza del possibile deve comunque fare i conti con le miserie del presente.

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