lunedì, ottobre 29, 2007

Tornando a Manituana....


Mi sarebbe piaciuto scrivere qualche riga di commento su Manituana, il romanzo di Wu Ming che ho presentato e sponsorizzato da questo blog. L'ho chiaramente divorato da tempo, mi è piaciuto molto, ma poi scrivere quel che un libro ti ha dato non è mai semplice. Ma proviamoci, facciamolo così un pò disordinatamente...

...per tutta la lettura di Manituana ho avuto negli occhi le righe di un altro libro, tipo il fascio di luce di una torcia epica che illuminava i personaggi, i luoghi e le parole di Manituana. Questo libro è I ribelli dell'Atlantico di P. Linebaugh e M. Rediker, in cui si racconta attraverso un puntuale lavoro storiografico l'umanità varia che solcava l'oceano fra la vecchia Europa e la giovane America dal XVI al XVIII secolo: una moltitudine multietnica, colorata, libertaria e ribelle. Con Manituana il libro di Linebaugh e Rediker ha inoltre in comune la tensione a mostrare connessioni che nel corso dei secoli sono state di norma negate, ignorate o eluse, ma che cionostante hanno modellato in profondità la storia del mondo.

Sinceramente, per tornare alla mia lettura di Manituana, la prima cosa straniante che mi colpito è stata una data riportata nel risvolto della prima di copertina del libro: 31 agosto 1142, "nel territorio che va dall'attuale Stato di New York alla Pennsylvania [...] cinque grandi tribù indiane si uniscono e fondano la Confederazione Irochese, o Lega delle Cinque Nazioni (i Cayuga, i Mohawk, gli Oneida, gli Onondaga e i Seneca)".
Come un flash mi sono reso conto che 1) la storia dell'America del Nord iniziava nel mio immaginario almeno tre secoli dopo la scoperta delle americhe stesse e 2) il mio immaginario - nel bene e nel male - era ed è inquinato irrimediabilmente dalle immagine delle storie western hollywoodiane.

Ultima cosa - per ora - su Manituana: un viaggio in terre lontane e più misteriose di lande fantasy, personaggi memorabili e altre asce di guerra da deseppelire.

Quella che segue è un'intervista a Wu Ming 1 e Wu Ming 5 da Il bene comune...


Wu Ming 1 e Wu Ming 5, qui a Campobasso a presentare "Manituana". Un libro che contiene numerosi linguaggi. Dal gergo londinese del '700 avete già parlato nella presentazione, come avete agito per tutto quello che concerne il mondo irochese? Dialetti Mohawk, leggende indiane, nomi propri…


WM1: " Chiaramente la sperimentazione linguistica c'è in tutto il romanzo, non solo nei capitoli della feccia londinese. Però è più sottile. Nei capitoli che si svolgono nei bassifondi di Londra è chiassosa, eclatante, esibita, doveva esserlo perché stiamo raccontando dei personaggi che sono dei cialtroni. Era una necessità espressiva quella di andare sopra le righe. Invece, nelle parti che riguardano gli indiani veri, non l'emulazione fallita degli indiani, il linguaggio doveva riuscire ad evocare un'idea di indianità senza cadere nello stereotipo, essere familiare ed estraniato al tempo stesso. E bisognava riuscire a sperimentare senza esibire, restando tra le righe, quasi implicita, in maniera da non ostacolare il lettore. La sperimentazione è armonizzata con la trama che prosegue. Abbiamo cercato di differenziare il linguaggio del sogno, della visione e della premonizione dal linguaggio di tutti i giorni, ricorrendo anche ai trucchi come l'uso del presente al posto del passato remoto, l'uso dell'io narrante al posto della terza persona. Il linguaggio del sogno si distende, ha un ritmo più lento, ha un respiro diverso. Poi c'è il linguaggio dei concili: siccome la civiltà Irochese era una civiltà della retorica, dell'abilità oratoria, con alcuni Sachem che non avevano nulla da invidiare a Quintiliano o a Cicerone quanto a vis oratoria e riflessione sul discorso, lì ci sono queste lunghe tirate immaginifiche, a volte al limite del pomposo. Poi c'è una lingua più pratica, più diretta, più contratta: è quella della guerra, delle istruzioni che ci si dà in battaglia. Urlate, secche, frasi paratattiche. Abbiamo cercato di differenziare a seconda del contesto e dell'ambito."


WM5: "C'è stata una ricerca abbastanza ossessiva sulle fonti antropologiche. Il rischio grosso in cui si incorre quando si ha a che fare con testi sugli indiani d'America è o l'eccessivo elitarismo, cioè informazioni dirette solo agli antropologi, agli addetti ai lavori, o molto spesso sono estremamente divulgative; bisogna trovare un giusto mezzo per non incorrere in castronerie. Abbiamo consultato moltissime fonti, ed è stato molto interessante avere a che fare con le fonti dirette, anche odierne: in Rete esistono parecchi siti relativi alle nazioni irochesi contemporanee."


Tra le vostre fonti ci sono anche le analisi di Morgan sugli Irochesi?


WM5: "Le critiche contemporanee alla visione di Morgan sono molto ideologiche, però alla fin fine la nostra idea di fondo non si discosta poi molto: come Morgan noi vediamo negli Irochesi una forma eminente di democrazia diretta. Poi si pone l'accento sul matriarcato che è molto discusso in questo momento dagli storici e dagli antropologi, però per quanto riguarda le questioni ereditarie e il possesso dei beni economici era indubbiamente un sistema matriarcale."


WM1: "La lettura di Morgan ha cambiato completamente la percezione di Marx su quale dovesse essere il passaggio al socialismo. I taccuini etnologici scritti da Marx (gli "Ethnological notebooks") e pubblicati solo alla fine degli anni 60, che contengono tra le varie cose gli appunti di lettura di Morgan, evidenziano una cosa importante: studiando la comune tradizionale delle campagne russe, la comune contadina, e studiando i testi di Morgan sugli Irochesi, Marx aveva perso quella posizione di ineluttabile passaggio all'industrializzazione, al capitalismo, e diceva che forse sarebbe stato possibile passare al socialismo senza tutta la teoria delle fasi di sviluppo prima di arrivare al pieno compimento del capitalismo.."

Tornando invece al romanzo, ci si accorge dei due punti di vista interni: quello ad esempio dei ribelli, ad esempio Jonas Klug, e quello degli irochesi, alleati ai lealisti. Una differenza palese è la presenza e l'importanza della figura femminile: influente, rilevante e marcata negli indiani, praticamente assente nei coloni. Quanto è voluta questa scelta?

WM1: "All'inizio c'era la moglie di Klug, che poi invece fa solo una piccola comparsata e che non è un personaggio, però in principio i capitoli di Klug erano scritti in io narrante, eravamo dentro la testa di Klug che diceva : "Io" e si rivolgeva alla moglie, diceva "Stai zitta, moglie, lasciami sfogare!"; però anche lì non era proprio una presenza femminile. In realtà, i personaggi femminili importanti sono indiani: Esther è bianca, però di fatto è dentro quel mondo lì, ci vuole entrare, ci entra e si armonizzerà completamente; l'altro personaggio importante è Molly. Le altre donne bianche che compaiono sono comunque periferiche, marginali, ma perché c'era questo dato del matriarcato Mohawk, Irochese, importantissimo: le donne erano capoclan, erano le matrone dei clan, e i clan erano importanti quanto le nazioni, le tagliavano trasversalmente. Molly Brant è stata un personaggio importantissimo dentro quella comunità e non potevamo non darle il peso che realmente ha avuto. E questo è il motivo storico. Poi c'è n'è un altro: noi ci teniamo molto a fare dei buoni personaggi femminili, anche faticando molto perché siamo un collettivo testosteronico, perchè nei romanzi precedenti siamo stati criticati, soprattutto dalle lettrici più femministe, in quanto relegavamo le donne in ruoli stereotipati. Abbiamo cercato di imparare da queste critiche e di descrivere quindi i personaggi femminili senza ricadere nei ruoli tipici in cui vengono incasellate le donne, per capirci dalla puttana santa alla fata turchina, ecco. Poi noi siamo tutti maschi, ma abbiamo delle compagne, delle madri, delle sorelle, delle figlie: io credo che anche il fatto che all'interno del collettivo siano nate delle bambine porti a riflettere sul femminile in tutt'altra chiave. Padre di una donna in potenza, ti interroghi su come vedrà il mondo questa bambina, su che paese ho fatto atterrare questa bimba: c'è una guerra contro le donne in questo paese! Ogni giorno al telegiornale una donna uccisa dal suo convivente, da suo marito, dal suo fidanzato andato fuori di matto…c'è una guerra dichiarata contro le donne, ogni anno le donne vittime di violenza domestica sono tantissime. In più c'è una situazione in cui a parità di livello, di impiego, le donne comunque percepiscono salari più bassi nonostante ci siano più laureate donne e con più competenze. Anche l'interrogarsi su che paese troverà la bambina che hai messo al mondo è naturalmente alla radice dell'attenzione che abbiamo messo nei personaggi femminili, su cosa vuol dire essere donna."


WM5: " Come direbbe Elio, essere donna oggi.."


Un altro volto del libro è, chiaramente, l'atteggiamento delle colonie nei confronti delle nazioni indiane: l'aspetto religioso del puritanesimo, la visione unilaterale del mondo e della divinità che non lasciava spazio alcuno alla tolleranza, imponendo con la violenza il proprio credo nei confronti dei peccatori indiani che non accettavano il loro dio e la loro struttura di società. Ad oggi, tralasciando gli aspetti politici ed economici, gli U.S.A. compiono atti di guerra contro altre nazioni richiamandosi ad una missione divina, si pensi a G.W.Bush che dichiara, per la guerra in Iraq: "Dio è con noi". Parrebbe non essere cambiato nulla…


WM5: "Bisogna però ricordare che le radici del nuovo stato erano plurali: non c'era solo il puritanesimo del New England, c'erano i Quaccheri, c'era la Pennsylvania, c'era l'ambiente culturale del sud che era totalmente diverso, quello virginiano che era intriso di filosofia francese…il problema è che, a quanto pare, le radici che hanno portato frutti maligni sono quelle. Noi percepiamo ex post le colonie come qualcosa di unitario, in realtà all'epoca c'erano fondamenta molto diverse, per esempio a Philadelphia si parlava tedesco: noi abbiamo una visione molto appiattita, schiacciata sul puritanesimo. La tua è una lettura giusta, ma vedendo le fonti ti accorgi che c'erano tante americhe potenziali. Purtroppo una ha schiacciato le altre, ad esempio i Quaccheri, neutrali durante la guerra d'indipendenza, poi sono stati perseguitati."

In conclusione, avete parlato durante la presentazione dei vostri lavori al di fuori dei romanzi. Oltre alla sceneggiatura di "Lavorare con lentezza" ora c'è il progetto di creare un fumetto per Manituana…

WM5: "Magari…"


C'è la possibilità, la volontà di cercare o accettare risorse per poter tirare fuori un film da qualcuno dei vostri libri?


WM1: "Sarebbe bellissimo, ma chi lo farebbe? Il problema dei nostri libri è che ci vorrebbero produzioni multimilionari perché sono tutti colossali. Per Manituana c'è un altro problema: è un libro che ideologicamente negli Stati Uniti si farà odiare e solo gli americani potrebbero tirarne fuori un film, col rischio di vedere edulcorato tantissimo il contenuto."

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